venerdì 17 maggio 2013

Recensione | Lo Hobbit - John Ronald Reuel Tolkien


Lo Hobbit
John R. R. Tolkien
 

 Bompiani ▲ Brossura 417 pagine ▲ 11.00 € 

TRAMA: « “Pubblicato per la prima volta nel 1937, Lo Hobbit è per i lettori di tutto il mondo il primo capitolo del Signore degli Anelli, uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Protagonisti della vicenda sono, per l’appunto, gli hobbit, piccoli esseri “dolci come il miele e resistenti come le radici di alberi secolari”, che vivono con semplicità e saggezza in un idillico scenario di campagna: la Contea. La placida esistenza degli hobbit viene turbata quando il mago Gandalf e tredici nani si presentano alla porta dell’ignaro Bilbo Baggins e lo trascinano in una pericolosa avventura. Lo scopo è la riconquista di un leggendario tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago. Bilbo, riluttante, si imbarca nell’impresa, inconsapevole che lungo il cammino s’imbatterà in una strana creatura di nome Gollum. »

Salve a tutti!
Stamattina mi sento così tanto demoralizzata dal libro che sto leggendo (Immortale, di Traci Slatton, tranquilli che poi ve ne parlerò) che mi sono voluta rifugiare in un’altra recente lettura, molto più confortante e piacevole.Quche tempo fa, per il mio compleanno, le mie due migliori amiche mi hanno regalato due libri: Lo Hobbit di J.R.R.Tolkien e Gente di Dublino di James Joyce.
Senza nulla togliere a James Joyce, ho dato la precedenza a Lo Hobbit, perché volevo leggerlo da secoli (più o meno da quando ho scoperto Il Signore Degli Anelli, una decina d’anni fa) e poi perché le nuove edizioni della Bompiani hanno gli angoli arrotondati e questa cosa mi attirava da morire. Non so perché.
Strani attaccamenti per le pagine arrotondate a parte, vi presento questa chicca della letteratura fantasy:
Tolkien, nel descriverci questa magnifica razza che sono gli Hobbit, parte da un presupposto abbastanza semplice: loro amano vivere la loro vita in perfetta tranquillità e, parafrasando un po’ il testo, possiamo dire che sono…insignificanti. Con tanto affetto, ma sono praticamente insignificanti.
Bilbo, il nostro protagonista, non fa eccezione. Lui ha il suo bellissimo buco hobbit (invidiato in tutta la Contea) e sa che nessuno può accusarlo di essere un hobbit avventuriero, per carità.
Lui le avventure le odia.
Per sua sfortuna, Gandalf, lo stregone, si presenta a casa sua e, cosa fa?, gli propone un avventura.

Noncurante del rifiuto scandalizzato di Bilbo, Gandalf fa in modo che a casa sua si riunisca un gruppo di tredici nani, convinti dallo stregone che Bilbo sia un perfetto scassinatore. Così, suo malgrado, Bilbo parte per un’avventura (quale onta!) insieme ai nani e a Gandalf (che però penserà bene di abbandonarli al loro destino nel momento peggiore, che simpatico) per scacciare il terribile drago Smaug dalla Montagna Solitaria, antica dimora dei nani, nella quale la bestia custodisce un tesoro.
Poverino, Bilbo, per la fretta che gli impongono i nani, non riuscirà nemmeno a prendere il suo fazzoletto, e questa cosa lo tormenterà per tutta la prima parte del libro.

La cosa straordinaria è che Bilbo è scettico quanto noi lettori sulle sue stesse capacità all’inizio. Lui non è uno scassinatore, anche i nani ne dubitano, ma Gandalf è convinto che, alla fine, tutti riconosceranno le sue grandi doti.

Malgrado il generale scetticismo, Bilbo si dimostrerà capace di atti di grande coraggio, senza esagerare, però. In fondo, lui è solo un hobbit. E i suoi atti di coraggio spesso si traducono con la semplice azione di infilarsi un oggetto luccicante in tasca. Come quando recupera l’anello del potere dalla grotta di Gollum, che conserverà per 60 anni e che sarà il fondamento della Trilogia (con la T maiuscola) del Signore degli Anelli.

In fin dei conti, il libro, coerente , si conclude con la semplice considerazione che gli hobbit sono insignificanti. Ma, in realtà, Tolkien ci sta dicendo che anche gli esseri insignificanti possono cambiare il corso della storia (e Frodo ne sa qualcosa).

Nonostante lo stile de Lo Hobbit sia profondamente più semplice di quello del Signore degli Anelli, trovo che questo libro sia un inizio più che degno per la successiva Trilogia, perché la sua semplicità è solo apparente. Malgrado i personaggi stereotipati e l’incedere della storia che sembra un po’ a casaccio, il genio di Tolkien è evidente.

Ciò che mi ha colpito di più (ed è una caratteristica importante anche ne Il Signore degli Anelli) e la capacità di Tolkien di creare queste geografie perfette di mondi inventati. Lui descrive i luoghi con tale precisione da farli sembrare veri. Conosce le distanze, conosce la vegetazione, conosce ogni ansa di tutti i fiumi del suo mondo. Possiamo considerarci fortunati se ci ha permesso di vedere le terre che ha creato nella sua mente.



Piccola nota finale (giuro che ora me ne vado): in questa edizione ci sono le illustrazioni di Alan Lee, che ha lavorato anche come sceneggiatore per la trasposizione cinematografica de Il Signore degli Anelli. Se dico che sono belle, è decisamente riduttivo. Quest’uomo merita TUTTI gli Oscar.


Non chiamo tutti i Wolverine a raccolta perché ci ho messo un po' per metabolizzare questo libro, senza che ciò ne sminuisca il fascino, eh.









1 commento:

  1. Ciao! Qui c'è una sopresa per te!!
    http://franniescafe.blogspot.it/2013/05/liebster-blog-award-2-versatile-blogger.html

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