venerdì 21 giugno 2013

Recensione | Battle Royale - Koushum Takami

Buon pomeriggio, mondo!
Premetto che ormai sono in una sorta di fase vegetativa: evito gli specchi, mi fondo con i libri e gli appunti e mi mantengo in vita solo grazie al caffè.
(E ho pure rotto il tappetino del mouse. Viva me).

Mel e il caffè.
Anyway, poche chiacchiere e passiamo al punto della situazione.
Oggi voglio parlarvi di un romanzo che mi ha decisamente tenuta incollata alle pagine fino alla fine. Ho deciso di leggerlo dopo il fenomeno Hunger Games e tutto quello che ne è derivato, visto che molti sostenevano che Susanne Collins fosse stata ispirata (o avesse deliberatamente plagiato, a voi la scelta) da questo libro.
Suppongo abbiate capito di che si tratta.
Signori e signore, vi presento Battle Royale di Koushum Takami.


Battle Royale
KOUSHUN TAKAMI 


 Mondadori ▲ Brossura 663 pagine ▲ 12 € 

TRAMA: « Repubblica della Grande Asia dell'Est, 1997. Ogni anno una classe di quindicenni viene scelta per partecipare al Programma; e questa volta è toccato alla terza B della Scuola media Shiroiwa. Convinti di recarsi in una gita d'istruzione, i quarantadue ragazzi salgono su un pullman, dove vengono narcotizzati. Quando si risvegliano, lo scenario è molto diverso: intrappolati su un'isola deserta, controllati tramite collari radio, i ragazzi vengono costretti a partecipare a un "gioco" il cui scopo è uccidersi a vicenda. Finché non ne rimanga uno solo... Edito nel 1999, "Battle Royale" è un bestseller assoluto in Giappone, il libro più venduto di tutti i tempi; diventato fenomeno di culto, ha ispirato celebri film, manga sceneggiati dallo stesso Takami e videogiochi. Scritto con uno stile insieme freddo e violento, "Battle Royale" è un classico del pulp, un libro controverso e ricco di implicazioni, nel quale molti hanno visto una potente metafora di cosa significhi essere giovani in un mondo dominato dal più feroce darwinismo sociale. »


Dunque, la trama qui sopra fornisce un po’ tutti gli elementi necessari a comprendere il punto di partenza del romanzo.
Aggiungiamo qualche dettaglio: siamo un un distopico Giappone più o meno a noi contemporaneo; il libro si apre con la presentazione di questo Programma, che consiste nel sorteggiare una classe di terza media all’anno e lasciare che i ragazzini si uccidano tra loro, fino a che non ne resta uno solo.
Il Governo fa passare tutto questo come una sorta di esperimento volto a testare le capacità degli studenti, ma dietro c’è qualcosa di più subdolo e mirato, che però non viene ben chiarito all’interno del romanzo.
Takami accenna solo vagamente al problema della sovrappopolazione e quindi non fa capire se sia questo il motivo che ha spinto il Governo a metter su questo “teatrino”, chiamiamolo così.
Comunque, la storia vera e propria inizia quando la Terza B della scuola media Shiroiwa, da che si trovava in autobus per una gita scolastica, si risveglia in un’aula mai vista prima.
Segni particolari: tutti gli studenti indossano un collare metallico.
Qualche spiegazione insipida ed un paio di colpi di pistola per far capire agli increduli ragazzi la realtà delle cose: sono stati sorteggiati per il Programma, uno solo potrà tornare a casa e quindi, per farlo, dovrà uccidere i suoi compagni di classe.
Ogni protesta viene sedata con una minaccia spaventosamente calma, ogni azione troppo plateale fermata con la barbara uccisione dello studente responsabile: il "maestro" incaricato a gestire il Programma, Sakamochi, fa capire chiaramente che le vite dei ragazzi non contano nulla. Non importa chi muore, effettivamente non è necessario neanche che qualcuno sopravviva. Basta solo che il tutto sia fatto in maniera ordinata e rispettando i tempi.

Dal momento in cui i “giochi” vengono dichiarati aperti, il lettore ha la possibilità di viverli (passatemi il termine infelice) dal punto di vista di ogni singolo studente.
Tutti e 42.Il che implica l’assistere in diretta ad un numero considerevole di morti, nei modi più violenti e disparati.
Perché, se una cosa è certa, è che lo splatter non manca in questo romanzo. 
Forse per gli amanti di Tarantino non sarà una gran sorpresa, ma per me, che non ho filtri al cervello e mi sogno di notte qualsiasi cosa un po’ più particolare, leggere di un rompighiaccio conficcato in un occhio non è stata la cosa più bella del mondo.
Però a mio favore (e, purtroppo, a sfavore del romanzo) è andato il fatto che i personaggi non avessero la minima introspezione e caratterizzazione psicologica, il che impedisce qualsiasi collegamento empatico.
Ogni ragazzo è uno stereotipo vivente. Abbiamo il secchione, il genio informatico, la ragazza facile con un brutto passato alle spalle, e credo che questo sia stato proprio voluto dall'autore, probabilmente per variegare un po' i vari punti di vista.
Solo che... parliamoci chiaro. Questi ragazzini vengono buttati su quest'isola, con un consegno meccanico intorno al collo che può esplodere, con le armi più disparate e con l'unico obiettivo di uccidere. Subentrerà la paura, no? La disperazione? L'impotenza?
Invece no. L'unica percezione sulle sensazioni degli studenti ci viene data da frasi del tipo "Shuya aveva freddo". "Shogo era preoccupato". "Yumiko non voleva uccidere".
Takami si limita a dire, invece di mostrare.
Credo che il romanzo avrebbe avuto un impatto molto più emotivo se, al momento della morte di uno dei ragazzini, oltre a conoscere il background che c'era dietro il personaggio, avessimo potuto sentire un po' i suoi stati d'animo.
Sorvolo poi sullo stile di scrittura elementare (probabilmente colpa della traduzione. Rendere il giapponese non dev'essere proprio una passeggiata) e sull'abilità quasi assurda dei personaggi (quindicenni n.d.M) nel saper usare fucili di cui io stento a pronunciare il nome.

Mel e il tizio bruto che le dice ciao
Vorrei poter dire che io mi sarei nascosta dietro un cespuglio a piangere, ma con la sfiga che mi ritrovo mi sembra ovvio che sarei stata intercettata dal primo tizio bruto che fosse passato di lì.
Ma non divaghiamo.
Dicevo.
A parte questi appunti da criticona innata, Battle Royale mi ha tenuta appiccicata alle sue pagine fino all'ultima riga.
Dovevo assolutamente sapere come sarebbe andata a finire, nonostante il perpetuo senso di ansia che mi opprimeva.
Quei ragazzi non avevano davvero via di fuga. In un contesto come questo, lo scherzetto con le bacche di Katniss Everdeen sarebbe servito a poco.
Il Programma non necessita di un vincitore. Vuole solo almeno 41 morti. Uno in più, una in meno...
Andando avanti, devo ammettere che il finale non mi ha per niente delusa. Takami è stato dannatamente bravo, ma non aggiungo altro perché non mi sembra il caso di darvi lo spoiler madre di tutta la storia.


Insomma, è un libro che vale davvero la pena leggere, sia per la storia in sé che per i numerosi spunti di riflessione che offre.

A cosa ci spinge la disperazione?
Il più debole è quello costretto a soccombere?
Possibile che tutte le ragazze siano innamorate di questo Shuya?
Tu che avresti fatto?

Per quanto riguarda la questione Battle Royale\Hunger Games, non credo sia il caso di accennarlo di sfuggita in questa recensione, perché ho un bel po' di cose da dire!
Per questo preferisco parlarne in un post a parte, in modo da non tralasciare niente e poter sguinzagliare a piede libero la mia vena criticona.


11 commenti:

  1. Io ci ho fatto gli incubi su questo libro. Ecco perchè leggo raramente questo genere. Ho ancora i brividi *brrr* Però nonostante questo mi è piaciuto moltissimo!

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    1. Anche a me è piaciuto :) peccato solo per il modo in cui è scritto!
      Credo sarebbe stato davvero un libro possente, se avesse avuto uno stile un pilino migliore!

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  2. Vorrei poter dire che io mi sarei nascosta dietro un cespuglio a piangere, ma con la sfiga che mi ritrovo mi sembra ovvio che sarei stata intercettata dal primo tizio bruto che fosse passato di lì.

    Oddio. Sono morta. AHAHAHAHAHAAHHAHA!!
    Io fino a metà ero intrippatissima, poi mi è presa la noia.. E Shuya.. Che odio!!!!!!

    Aspetto impaziente il confronto Battle Royale/HG. Io quando si parla di HG tiro sempre fuori il libro di Takami, anche se non mi ha fatto impazzire.. Quel che è giusto è giusto!! :D

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    1. Shuya. Gli ho mandato le peggiori iettature fino alla fine!
      Ma niente. E' uno tosto!

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  3. Shuya... diciamo che avrei preferito invertire il suo destino con quello di un'altro personaggio.

    Battle Royale mi è piaciuto immensamente e mi ha coinvolta molto di più di Hunger Games, dove ero incastrata col punto di vista di Katniss che scappa dagli altri concorrenti, mentre la maggior parte dei combattimenti fighi avviene fuori scena >_<

    Sono molto curiosa di leggere il confronto tra i due :)

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    1. Guarda, sarei entrata nel romanzo solo per dare un ceffone a Shuya.
      Odioso.
      Per il resto... ammetto di aver preferito Hunger Games ^^" ma ne parlerò meglio poi! :P

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  4. Uffaaaaaa ma perchè solo io in libreria non lo trovo mai -_-" mi ispira tantissimo questo libro ^^

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    1. Neanche io sono riuscita a trovarlo in libreria :( mi sono dovuta accontentare dell'ebook, il che è un peccato perché vale la pena averlo in cartaceo!

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  5. Non l'ho letto e non credo che lo farò, non mi piacciono molto le cose splatter!
    Però mi è piaciuto molto Hunger Games quindi aspetto con ansia il post confronto!
    C.

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  6. Penso dipenda dall'empatia e dall'emotività di ogni persona, perché io al contrario di te non sono riuscito a non immedesimarmi in ognuno dei personaggi, anche in quelli più inutili e mi sono commosso per quasi tutto il romanzo (cosa che con HG non mi è minimamente successa). Considero che poi, nonostante il romanzo venga prima, l'opera vera e propria si compia nel manga (al quale ha collaborato lo scrittore in persona), se non lo hai ancora letto ti consiglio di farci un salto!!

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